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Categoria: Accertamenti e Verifiche Fiscali
ACCERTAMENTO
Nella ricostruzione induttiva del reddito: Deducibili anche i “costi neri” accertati
Devono essere ammessi in deduzione anche i costi “neri” individuati dall’Agenzia delle Entrate, di cui non si è tenuto conto nella determinazione degli imponibili accertati.
Lo ha stabilito la Commissione Tributaria Regionale di Reggio Emilia con sentenza n. 198/2009 del 23.10.2009, secondo cui nella determinazione del reddito imponibile l’Ufficio, in sede di accertamento induttivo deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti.
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GE.RI.CO. non vale per le attività fuori mercato: La marginalità esclude gli studi di settore
Non è giustificata la rettifica operata sulla base delle risultanze degli studi di settore al reddito di un padroncino, che lavora per un solo committente e con tariffe stabilite unilateralmente da quest’ultimo.
In tale situazione il contribuente opera in una situazione di marginalità economica, che non può trovare collocazione in uno specifico studio di settore.
E’ quanto ha deciso la Commissione Tributaria Regionale del Veneto con la sentenza n. 95/2009.
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E’ legittimo l’accertamento analitico-induttivo se le percentuali di ricarico sono irragionevolmente difformi
L’accertamento dei maggiori ricavi d’impresa può essere affidato alla considerazione della difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza soltanto se essa raggiunga livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21147 del 02.10.2009.
La Corte di Cassazione ha, quindi, dichiarato legittimo l’accertamento analitico-induttivo basato sulla percentuale di ricarico, nel caso in cui venga riscontrata una grave difformità tra la percentuale mediamente determinata dall’Amministrazione finanziaria e quella applicata dal contribuente in sede di dichiarazione.
Secondo i giudici, infatti, la differenza tra il coefficiente di ricarico risultante dalle scritture contabili e quello medio calcolato dall’Ufficio in base al settore di appartenenza, che nel caso di specie era di ben 81 punti percentuali, non rappresenta una oscillazione poco significativa, ma "è tale da rendere inattendibili i ricavi dichiarati".
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Ricavi e adeguamento agli studi di settore al minimo ammissibile
La Commissione Tributaria Provinciale di Catania, con la sentenza n. 454/04/09 depositata il 17.09.2009, ha accolto il ricorso di un contribuente a cui era stato notificato un avviso di accertamento poiché aveva dichiarato ricavi superiori al minimo ammissibile, ma comunque inferiori al ricavo puntuale considerato da GERICO.
In base a quanto indicato dalle Entrate, con la circolare n. 110 del 21.05.1999, il contribuente che adegua i ricavi dichiarati a quelli degli studi di settore:
- deve considerare il ricavo puntuale di riferimento;
- può, in presenza di giustificati motivi, collocarsi all’interno dell’intervallo di confidenza, dichiarando i ricavi minimi ammissibili.
Mentre, a parere dei giudici, il contribuente che, per effetto dell’intervallo di confidenza, dichiara ricavi superiori al minimo ammissibile, ma inferiori al ricavo puntuale, può non fare alcun adeguamento
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Fatture false: Nuova inversione di rotta della Cassazione stavolta pro contribuente
La Corte di Cassazione inverte le ultime interpretazioni, infatti, con la sentenza n. 21317 del 06.10.2009 ha stabilito che sulle fatture false spetta al fisco provare che l’operazione commerciale documentata in fattura in realtà non è stata mai posta in essere.
In particolare, secondo la sezione tributaria, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nella ipotesi di costi documentati da fattura che l’amministrazione finanziaria ritenga relative a operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’amministrazione che adduce la falsità del documento e, quindi, l’esistenza di un maggiore imponibile, provare che l’operazione commerciale in realtà non è stata mai posta in essere”.
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NOTIFICHE
La procedura si considera inesistente se è effettuata da un soggetto privato. Ufficio del giudice di pace di Firenze - Sentenza 1° ottobre 2009 n. 8626/09
È inesistente la notificazione del verbale di contestazione di una violazione al Codice della strada eseguita da una società privata, con la conseguenza che deve dichiararsi l’estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per quella violazione. È quanto ha stabilito il giudice di pace di Firenze nella sentenza 8626/09, evidenziando che il rigore formale delle norme che regolano il procedimento di contestazione e notificazione delle suddette violazioni (articoli 14 della legge 689/1981, e 201 del Cds) non ammette deroghe nella individuazione dei soggetti abilitati a provvedervi, escludendo, pertanto, che l’attività notificatoria possa formare oggetto di concessione a società private
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Fatture false: Nuova inversione di rotta della Cassazione stavolta pro contribuente
La Corte di Cassazione inverte le ultime interpretazioni, infatti, con la sentenza n. 21317 del 06.10.2009 ha stabilito che sulle fatture false spetta al fisco provare che l’operazione commerciale documentata in fattura in realtà non è stata mai posta in essere.
In particolare, secondo la sezione tributaria, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nella ipotesi di costi documentati da fattura che l’amministrazione finanziaria ritenga relative a operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’amministrazione che adduce la falsità del documento e, quindi, l’esistenza di un maggiore imponibile, provare che l’operazione commerciale in realtà non è stata mai posta in essere”.
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Redditometro: Molti inviti al contraddittorio vanno a vuoto
Il redditometro rischia di inflazionare gli accertamenti.
Sono infatti in forte crescita gli inviti al contraddittorio, in alcuni casi per indirizzati nei confronti di contribuenti che nulla hanno a che vedere con la grossa evasione.
E’ quanto emerge dall’articolo pubblicato sul quotidiano Italia Oggi del 07.10.2009, ove in particolare viene indicato:
Il problema che sta emergendo è che in alcuni casi l’utilizzo non ponderato delle liste selettive (con parametri che risalgono al 1992) porta alla selezione di contribuenti che risultano comunque non allineati al redditometro, ma di fatto sono in grado di dimostrare la capacità sia di acquisto che di mantenimento dei beni in questione.
L’inversione dell’onere della prova passa per la determinazione analitica delle spese, ma non sempre viene accettato dagli uffici del fisco.
Evidenti conseguenze in termini di crescita del contenzioso, con necessità di valutare l’effettiva capacità di gestione dei beni da parte dei contribuenti.
L’operazione redditometro inizia a far sentire sempre di più i propri effetti sul piano territoriale.
Giungono da più parti notizie di diversi inviti al contraddittorio, in alcuni casi indirizzati nei confronti di contribuenti che nulla hanno a che vedere con la grossa evasione.
L’operatività degli uffici in materia è data dalle due famose liste selettive ancorate all’acquisto di veicoli c.d. di lusso (aventi almeno 21 cavalli fiscali), ovvero agli incrementi patrimoniali nel quinquennio. Il problema che sta emergendo, è che in alcuni casi l’utilizzo non ponderato di tali liste selettive porta alla selezione di contribuenti che risultano comunque non allineati inizialmente, al redditometro, ma di fatto sono in grado di dimostrare, in virtù dei propri redditi o di quelli dei familiari, la capacità sia di acquisto che di mantenimento dei beni in questione.
L’equivoco principale, si rileva, risiede nella giusta valutazione dello strumento del redditometro.
Tale tipologia di accertamento tende a misurare la propensione al risparmio (e per differenza, all’investimento), del contribuente in funzione dei redditi disponibili.
In particolare, i coefficienti, ancorché poi ponderati in presenza di beni, sembrano spropositati e risentono di valutazioni ormai datate nel tempo. Infatti, i prezzi delle case sono cresciuti in maniera spaventosa e richiedono forse l’investimento di circa il 50% delle proprie capacità reddituali.
Viceversa, il bene auto si è diffuso notevolmente, con differenziazioni di offerte che consentono di acquistare anche vetture con molti cavalli fiscali a prezzi contenuti.
Per cui andrebbero distinte le vetture, in funzione anche delle marche che in alcuni casi sono veri e propri status symbol, oltre a dover comprendere che in molte circostanze, soprattutto per i contribuenti giovani che non hanno assolutamente necessità di risparmio (si pensi a tutti coloro che vivono ancora in famiglia, laddove la soglia di età si è innalzata ad oltre 35 anni), la gestione di una vettura è possibile anche con redditi contenuti, dovendosi limitare alle effettive spese quali il pagamento del bollo, dell’assicurazione, dei tagliandi e del relativo carburante (peraltro, grazie ai tagliandi è estremamente semplice ricostruire tale spesa, osservando i chilometri percorsi e risalendo al costo del carburante monitorato dall’Aci).
Ancora diversa è la casistica della baby sitter o dell’assicurazione sanitaria, che da beni «presunti» di lusso del 1992 (anno di individuazione dei bern significativi ai fini del redditometro), sono divenuti beni indispensabili ai giorni nostri, essendo in sostanza impossibile per le coppie giovani con prole fare a meno di aiuti in famiglia, così come il ricorso alle polizze sanitarie è stato sempre pi incentivato anche mediante benefici fiscali.
E non è da meno la situazione sul fronte degli incrementi patrimoniali, laddove presumere che gli acquisti siano effettuati con risparmi accumulati in cinque anni è sembrato irrealistico, considerate soprattutto le difficoltà connesse al periodo di crisi che ha caratterizzato tali armi.
In pratica, se viene selezionato un contribuente con un reddito di 25 mila euro perché paga un mutuo di 1.000 euro al mese e possiede una vettura, se è vero che il redditometro gunge ad almeno 70 mila euro di reddito accertabile, è altrettanto vero che andrebbe misurata la reale propensione al risparmio del soggetto, che può essere sensibilmente più bassa per motivi contingenti (esigenza della casa e possesso di almeno un mezzo di locomozione). E così via.
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FATTURE SOGGETTIVAMENTI FALSE, L’INCOSCIENZA VALE LA DEDUZIONE.
La prova della non consapevolezza della frode non può però consistere nella semplice dimostrazione della ricezione della merce e del pagamento
Sintesi: Il diritto alla deduzione da parte del committente/cessionario deve ritenersi condizionato alla circostanza di non avere avuto consapevolezza della falsità ideologica della fattura rilasciata a fronte dell’operazione, vale a dire della diversità tra il soggetto effettivamente cedente e quello indicato nella fattura, non potendo evidentemente riconoscersi legittima la deduzione di un costo derivante da operazione posta in essere mediante un comportamento penalmente illecito.
Ferma l’incontrovertibilità di tale ultima considerazione, va precisato che il riconoscimento della possibilità per il soggetto del tutto estraneo ed inconsapevole della falsità della fattura di procedere in questi casi alla deduzione del costo relativo all’operazione appare discendere dai principi della tutela dell’affidamento e della certezza del diritto, che certamente trovano piena cittadinanza nel diritto tributario. Sul piano dell’onere della prova ciò comporta che, mentre spetta all’Ufficio finanziario che contesta la deduzione dimostrare che l’operazione cui essa si riferisce è soggettivamente inesistente, spetta invece al contribuente provare di non avere avuto consapevolezza della rilevata falsità, trattandosi di condizione necessaria al fine di ottenere la deduzione, in applicazione alla regola generale secondo cui, essendo il costo una voce che riduce il reddito imponibile, esso deve essere provato dal contribuente e tale prova si estende a tutte le condizioni richieste dalla legge ai fini del riconoscimento della deduzione. Tale prova non può essere validamente fornita dal privato soltanto dimostrando che la merce è stata effettivamente ricevuta e ne é stato versato il corrispettivo, trattandosi di circostanze non concludenti. La prima in quanto insita nella nozione di operazione soggettivamente inesistente, la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per sé a dimostrare l’estraneità del committente/cessionario alla frode.
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Sentenza
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Contenuto
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n. 1294/2007
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E’ lecito utilizzare come elementi presuntivi di redditività il possesso di auto d’epoca e i costi per il mantenimento di veicoli di lusso
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n. 1908/2007
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E’ legittimo un avviso di accertamento fondato sul metodo sintetico nei confronti di un contribuente che, pur dichiarando modesti redditi, continua a finanziare le proprie imprese
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n. 2656/2006
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L’ufficio fiscale ha solo l’onere di individuare elementi certi che costituiscono indicatori di capacità contributiva
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n. 21930/2007 – 22574/2007
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La presunzione di maggiore capacità contributiva può essere superata dalla prova documentale contraria offerta dal contribuente
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n. 6813/2009
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Non basta la prova della sola disponibilità dei redditi, ma è necessaria la prova che la spesa sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta.
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n. 703/2007 - n. 16348/2008
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Nel processo tributario, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e l’autocertificazione in genere non ha valore probatorio
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n. 3231/2007 - n. 11221/2007 -
n. 9958/2008 - n. 10261/2008
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Tuttavia, la dichiarazione sostitutiva può essere introdotta nel processo tributario ed essere considerata a livello di mero indizio, idoneo a formare il libero convincimento del giudice.
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STUDI DI SETTORE: strategie di controllo
La decisione di adeguarsi o meno allo studio di settore è influenzata dall’eventuale controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria. In proposito, è bene ricordare quanto detto nella circolare 13/E/2009 dall’Agenzia delle Entrate sulle strategie di controllo: in ambito a imprese minori e lavoratori autonomi, gli studi sono un importante strumento di orientamento, considerando le situazioni di non congruità; circa la non congruità, la priorità di trattazione spetta a chi non ha effettuato alcun adeguamento in dichiarazione, con livelli medi di scostamento, all’interno di una stessa categoria di appartenenza, tra il dichiarato e il ricavo puntuale. Si punterà su un’analisi complessiva del contribuente, mediante operazioni di intelligence che si concretizzeranno con l’acquisizione di ulteriori elementi a rinforzo della presunzione di non congruità. Strumenti utili al caso, il redditometro e le indagini finanziarie
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Gli studi di settore rivisti con l’applicazione dei correttivi non possono essere utilizzati in modo retroattivo. Il riesame degli studi con le misure anti crisi sarà possibile solo dopo la disponibilità dei dati e delle risultanze relative al periodo d’imposta 2008. In relazione alla revisione degli studi, l’Agenzia ha approfondito sulla possibilità di utilizzarli in contraddittorio per i periodi precedenti: ebbene, nella circolare 44/E/2008 era stato sottolineato che, in caso di contraddittorio, occorre verificare se lo studio evoluto sia in grado di rappresentare la situazione del contribuente anche per i periodi pregressi, in quanto più aggiornato ed affinato rispetto alla versione precedente. Lo studio del 2008, in cui entrano in gioco i correttivi, non potrà essere considerato per far valere eventuali risultati più favorevoli per periodi d’imposta 2007 e precedenti.
STUDI DI SETTORE - GERICO: l’ambito di utilizzo dei correttivi