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18/11/2009 - OMAGGI AZIENDALI
Categoria: Contabilità

Omaggi aziendali: L’Iva ha una detassazione minore rispetto alle imposte sui redditi

Per gli omaggi aziendali disparità di trattamento tra Iva e reddito. Infatti, ai fini Iva la soglia di detassazione è rimasta ferma ad euro 25,82, mentre ai fini delle imposte dirette, l’importo deducibile è stato di recente elevato a 50 euro.
Questa di seguito è la nuova situazione che si è venuta a creare riguardo il trattamento Iva delle cessioni gratuite, su cui si è avuta l’importante novità in materia di base imponibile.
Gli omaggi detassati
La disposizione della lettera h) dell’art. 19-bisl del dpr 633/72 stabilisce che non è ammessa in detrazione l’Iva sulle spese di rappresentanza come definite ai fini delle imposte sul reddito, eccettuate quelle sostenute per acquistare beni di costo unitario non superiore a 25,82 euro.
In via di principio, quindi, l’Iva per l’acquisto di beni da omaggiare non è detraibile, salvo che il costo sia contenuto nel predetto limite, nel qual caso la detrazione é consentita (gli omaggi siano qualificabili “spese di rappresentanza”).
Non è comunque detraibile l’Iva per l’acquisto di beni da regalare ai dipendenti.
In genere, gli omaggi aziendali hanno per oggetto beni acquistati per tale specifica destinazione, diversi rispetto a quelli ordinariamente prodotti o commercializzati dall’impresa.
Può però verificarsi che l’omaggio sia invece costituito da un bene rientrante nell’oggetto dell’attività propria dell’impresa: si pensi al titolare di un’enoteca che acquista una partita speciale di vini con il preciso scopo di regalarli ai migliori clienti in occasione delle festività natalizie.
In tale caso l’acquisto non può essere trattato come spesa di rappresentanza, per cui occorre considerare indetraibile l’imposta qualora il costo superi il limite di legge; il contribuente dovrà, invece, esercitare il diritto di detrazione, trattandosi di beni oggetto dell’attività propria, ed assoggettare a tassazione la successiva cessione gratuita.
Questa posizione, espressa nella circolare n. 188 del 16/7/1998, ha suscitato delle perplessità, poiché, in dottrina (Franco Ricca in Italia Oggi del 09.11.2009), è parso corretto sostenere che se il contribuente, al momento dell’effettuazione dell’acquisto del bene, sia in grado di prevederne una destinazione diversa rispetto a quella ordinaria e tale da comportare l’indetraibilità dell’imposta, dovrebbe astenersi dall’esercitare la detrazione, mentre la successiva cessione gratuita del bene sarebbe esclusa dalla sfera impositiva ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4) del D.P.R. n. 633/72.
Tale norma prevede che costituiscono operazioni imponibili anche le cessioni gratuite di beni, eccettuati:
a) quelli la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, se di costo unitario non superiore a 25,82 euro;
b) quelli per i quali non sia stata operata, al momento dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta a norma dell’art. 19, anche se per effetto dell’opzione di cui all’art. 36-bis.
Il regime Iva delle cessioni gratuite è, infatti, regolato dal principio secondo cui se l’imposta è stata detratta “a monte”, l’operazione deve essere tassata “a valle”; viceversa, se non è stato possibile esercitare la detrazione “a monte” (per esempio, perché si tratta di una spesa di rappresentanza di costo eccedente il limite di 25,85 euro), l’operazione non è tassata “a valle”. Un’eccezione a questo principio è costituita dai “piccoli omaggi”, ossia dai beni di costo unitario non superiore a 25,82 euro rientranti nella nozione di spese di rappresentanza.
Sui piccoli omaggi si realizza dunque una detassazione completa, limitatamente però ai beni che non rientrano nell’oggetto dell’attività propria dell’impresa, poiché diversamente la cessione gratuita è imponibile indipendentemente dal costo unitario.
Peraltro, il suddetto trattamento è apparso in linea di massima conforme con la normativa comunitaria.
L’art. 16 della direttiva 112 del 2006, infatti, stabilisce al primo comma che sono assimilati alle cessioni onerose i beni prelevati dall’impresa per l’uso privato, oppure per trasferirli gratuitamente o, più in generale, per destinarli a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (professionisti compresi).
Tuttavia, il comma 2, esclude l’assimilazione in relazione ai beni prelevati ad uso dell’impresa per regali di scarso valore e campioni.
Un elemento che differenzia la norma nazionale da quella comunitaria è che questa, diversamente da quella, non distingue tra beni che formano e che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa, per cui la direttiva, contrariamente alla legge interna, consente di detassare completamente anche i piccoli omaggi di beni oggetto dell’attività propria dell’impresa.
Infine, medesima dottrina ha precisato che la detrazione dell’iva sui “piccoli omaggi” spetta anche se si tratti di prodotti alimentari o bevande, ossia di beni per il cui acquisto o importazione il diritto alla detrazione, in via di principio, nonostante le recenti modifiche in tema di spese di ristorazione, continua ad essere precluso dalla lettera 1) dell’art. 19-bis1.
Infatti, la circolare n. 4 del 19/6/2002, ha precisato che nel caso di specie i prodotti in esame assumono la veste di “spese di rappresentanza”, per cui si applica in tale ipotesi la disposizione della lettera h), che ammette la détrazione se il costo unitario che è contenuto nella suddetta soglia di 25,82 euro.

 

 
10/11/2009 - DEDUCIBILITA’ COSTI DI FORMAZIONE
Categoria: Contabilità

Deducibilità spese formazione professionale

Deducibilità integrale delle spese sostenute per l’aggiornamento professionale.
L’Ungdcec (comunicato stampa del 03.11.2009) ha chiesto che venga concessa la piena deducibilità delle spese sostenute dai professionisti per l’aggiornamento professionale obbligatorio.
Ha, quindi, chiesto che venga aggiornato l’art. 54 del DPR 917/1986 che, mai rivisto nella parte relativa al sostenimento delle spese per la formazione, è ormai in antitesi rispetto all’impianto generale delle norme che regolamentano l’esercizio delle professioni.
Se da un lato i professionisti iscritti ad un albo devono obbligatoriamente  frequentare corsi di aggiornamento sopportandone le spese, dall’altro lato la disciplina fiscale limita alla metà la deducibilità di tali costi presumendo che siano solo parzialmente inerenti all’attività professionale.
La parziale inerenza di un costo obbligatorio è una contraddizione in termini che in questo periodo di forte contrazione degli incassi non è più sopportabile dai giovani professionisti che quotidianamente si trovano ad operare per consentire ai clienti il giusto rispetto delle regole.

 

 
08/10/2009 - PERDITE DEDUCIBILI
Categoria: Contabilità

Sas: Deducibili per l’accomandante anche le perdite eccedenti il capitale sociale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15161/2009, ha evidenziato che il socio che si intromette nell’amministrazione della società subisce una perdita della responsabilità ma parimenti ne consegue dei vantaggi imprevisti.
Infatti, ha osservato la Suprema corte, il socio accomandante che si intromette nell’amministrazione della società diviene sì illimitatamente responsabile, ma può dedurre integralmente le perdite conseguite dalla Sas, anche quelle eccedenti il capitale sociale.
Le regole civilistiche producono effetti anche in ambito fiscale, attenuando le conseguenze negative in capo al socio.
Nel caso di specie, il fatto è scaturito da un avviso di accertamento emesso dall’Ufficio imposte, che ha rettificato la dichiarazione dei redditi di due soci accomandanti, che avevano portato in deduzione dai propri imponibili perdite conseguite dalla Sas in misura superiore alle rispettive quote di capitale sociale.
Ciò in violazione del disposto dell’art. 8 comma 2 del Tuir, che prevede una limitazione alla deduzione delle perdite dei soci accomandanti, i quali possono fruire fino a concorrenza dell’ammontare del capitale sociale.
In base alle disposizioni del codice civile, le perdite eccedenti il capitale sociale non sono infatti deducibili dal reddito del socio accomandante, giacché questi risponde delle obbligazioni sociali esclusivamente nei limiti della quota conferita.

 
30/09/2009 - RIMANENZE FINALI
Categoria: Contabilità

RIMANENZE FINALI

La mancata redazione della distinta dettagliata delle merci in magazzino comporta l’applicazione dell’accertamento induttivo
In tale ipotesi la contabilità semplificata risulta  inattendibile e quindi si può applicare il metodo di ricostruzione del reddito induttivo, dal momento che per le rimanenze finali di magazzino risulta mancante la distinta analitica delle merci.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20004 del 17.09.2009.
Secondo la Suprema Corte la mancanza della distinta analitica delle rimanenze finali esposte in dichiarazione, anche in regime di contabilità semplificata, rende legittimo l’accertamento induttivo.

 

 

 
24/09/2009 - VALUTAZIONE RIMANENZE FINALI
Categoria: Contabilità

RIMANENZE FINALI SU COMMESSE PLURIENNALI IN VALUTA

In virtù dell’art. 93 del TUIR le rimanenze finali delle commesse in valuta vanno valutate al tasso di cambio puntuale rilevato alla data di chiusura dell’esercizio.
Inoltre, non si applica, nel caso di specie, il disposto di cui all’art. 110, comma 3, del TUIR, che stabilisce l’irrilevanza fiscale delle oscillazioni sui tassi di cambio.
Pertanto, la valutazione delle rimanenze finali delle commesse ultrannuali va operata applicando il tasso di cambio di fine periodo alla parte di commessa realizzata sin dall’inizio di esecuzione del contratto, non producendosi in tal modo una stratificazione delle rimanenze finali dei vari esercizi.
Lo ha precisato l’Agenzia delle con la risoluzione n. 249/E del 17.09.2009 che ha confermato la tesi interpretativa fatta dal contribuente nell’istanza di interpello.
Infatti, l’art. 93 del TUIR, citato si occupa della disciplina relativa alla valutazione delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi, pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, stabilendo che le variazioni delle rimanenze finali, rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell’esercizio.
A tal fine le rimanenze finali, che costituiscono esistenze iniziali dell’esercizio successivo, sono assunte per il valore complessivo determinato sulla base dei corrispettivi pattuiti per la parte eseguita fin dall’inizio dell’esecuzione del contratto.
La norma, anche se individua un parametro oggettivo - quello costituito dai corrispettivi contrattualmente pattuiti – al quale ancorare la valutazione delle rimanenze delle opere in corso, non disciplina l’ipotesi in cui i corrispettivi siano espressi in valuta estera.
Secondo l’Agenzia, considerato che il momento rilevante per la valutazione dell’opera è il termine dell’esercizio, il cambio al quale fare riferimento, ai fini della conversione del valore espresso in valuta estera, è quello puntuale rilevato alla data di chiusura dell’esercizio medesimo, in linea anche con quanto disposto dalla normativa civilistica in materia.
Riguardo all’ulteriore questione sulla possibilità che, in sede di valutazione delle rimanenze finali, si formino valori stratificati nel tempo, la neo risoluzione ha fatto osservare che la variazione delle rimanenze finali delle opere ultrannuali avviene al termine dell’esercizio attraverso una scrittura di rettifica che dà rilievo, ai fini della valutazione della commessa, al corrispettivo maturato. Evidenziando poi che questa particolare modalità di valutazione del magazzino differisce da quella ordinaria prevista per le rimanenze di beni (materie prime, prodotti finiti, merci, ecc.), poiché la commessa deve essere unitariamente considerata e la sua valutazione, al termine di ciascun esercizio, è relativa al valore globale dell’opera eseguita fin dall’inizio del periodo di esecuzione del contratto, al netto della frazione di opera per la quale sono stati liquidati corrispettivi a titolo definitivo.
A parere delle Entrate, la valutazione di questo particolare tipo di rimanenza esclude, proprio a motivo della unitarietà dell’opera, che si possa formare una stratificazione di valori da attribuire separatamente alle parti della commessa formatesi nei singoli esercizi.
Ne consegue che l’operazione di valutazione di fine periodo delle rimanenze deve essere effettuata con riguardo all’intera parte di commessa realizzata sin
dall’inizio di esecuzione del contratto, tenendo conto dell’oscillazione del tasso
di cambio intervenuta rispetto agli esercizi precedenti, non trovando applicazione, come già precisato, la previsione di cui all’art. 110, comma 3, del TUIR.

 

 
24/09/2009 - SPESE RAPPRESENTANZA
Categoria: Contabilità

REQUISITI ATTI AD INDIVIDUARE LE SPESE DI RAPPRESENTANZA

Riguardo la definizione generale di “spese di rappresentanza”, l’Agenzia delle
Entrate, con circolare n. 34/E del 13.07.2009, ha individuato alcune caratteristiche essenziali che occorre tenere presenti ai fini della qualificazione delle predette spese.
Gratuità
Si deve trattare di spese che si sostanziano in erogazioni di beni o servizi a terzi effettuate a titolo gratuito.
Destinazione
Devono essere dirette al perseguimento di finalità promozionali o di pubbliche relazioni.
Le finalità promozionali “consistono nella divulgazione sul mercato dell’attività svolta, dei beni e servizi prodotti, a beneficio sia degli attuali clienti, che di quelli potenziali”.
Tra le finalità di pubbliche relazioni vengono ricomprese “le iniziative volte a diffondere e/ o consolidare l’immagine dell’impresa, ad accrescerne l’apprezzamento presso il pubblico, senza una diretta correlazione con i ricavi”.
Inerenza
Il sostenimento delle spese deve rispondere: “a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche solo potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore”.
In merito alle finalità di pubbliche relazioni possono rientrare in tale ambito anche le spese sostenute a favore di rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, degli enti locali, o a favore di altri soggetti con i quali vi sia interesse a mantenere una colleganza di tipo istituzionale.

 

 
29/07/2009 - DEDUCIBILITA DELLE SPESE DI OSPITALITA’
Categoria: Contabilità
Deducibili interamente le spese di ospitalità, anche dei potenziali clienti
Sono deducibili per intero le spese di ospitalità sostenute a diretto vantaggio della clientela. Ciò secondo quanto ha previsto il Decreto del 19.11.2009. Tuttavia, non si esclude che gli oneri diretti a beneficio di altri soggetti possano comunque rilevare in applicazione del principio generale di inerenza indicato dall’art. 109 del Tuir. Secondo Dottrina, é questo un importante chiarimento insito nella circolare 34/E/2009 dell’Agenzia delle Entrate. A parere delle Entrate, l’ospitalità a favore dei clienti genera oneri deducibili al di fuori dei limiti previsti per le spese di rappresentanza al verificarsi di due presupposti:
1) Oggettivo, ossia i costi devono essere sostenuti all’interno di specifici contenitori. A tal proposito rileva il contesto in cui si realizza l’ospitalità. Soddisfano tale requisito le fiere, le mostre, esposizioni e manifestazioni simili, nonché le visite all’azienda;
2) Soggettivo, nel senso che i beneficiari degli esborsi devono essere i clienti dell’impresa. Tale requisito viene comunque rispettato anche se i clienti sono solo potenziali, hanno, cioè, manifestato niente più che un interesse di natura commerciale verso la produzione dell’impresa. La deducibilità è, invece, negata quando le spese sono sostenute per l’ospitalità di soggetti come i fornitori o i giornalisti che partecipano agli eventi espositivi.
 
29/06/2009 - LEASING IMMOBILIARE
Categoria: Contabilità

LEASING EPILOGO SENZA SCONTI.

Niente sconti per il riscatto di fabbricati abitativi al termine della locazione finanziaria: l’amministrazione finanziaria chiarisce la che base imponibile per il calcolo delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore venale e non dal prezzo di riscatto. Si tratta infatti di un normale trasferimento di proprietà immobiliare soggetto alle ordinarie regole di tassazione .

 
20/06/2009 - SPESE TELEFONICHE
Categoria: Contabilità
Deducibilità spese per servizi di telefonia fissa e mobile: Costi di commessa e mandato senza rappresentanza
La deducibilità delle spese di telefonia in commessa, non subisce limiti. Spetta, pertanto, la deduzione integrale se i costi sono direttamente riferibili ai ricavi aziendali e non suscettibili di uso promiscuo. Le spese di telefonia fissa e mobile costituenti costi di commessa che concorrono al reddito d’impresa, sono sottratte alla deducibilità limitata all’80% (art. 102, comma 9, del Tuir), qualora non suscettibili di uso promiscuo e direttamente afferenti ai ricavi di esercizio. Sono escluse da detto limite anche le medesime spese sostenute dalla società in qualità di mandatario senza rappresentanza in nome proprio e per conto del mandante. Nel caso di specie, il mandante è un Comune che ha affidato ad una società istante l’incarico di acquisire le apparecchiature e i sistemi di telefonia fissa e mobile (centrali telefoniche, linee telefoniche, linee di rete pubblica, ecc). Si può applicare l’integrale deduzione sia delle spese di telefonia costituenti i costi di commessa, sia di quelle che deve sostenere in nome proprio e per conto del Comune. L’attuale limite alla deducibilità vale solo per i servizi telefonici che sono, per le loro caratteristiche tecniche, di uso promiscuo giacché non sussiste la possibilità di valutare che l’utilizzo sia effettivamente riferibile all’esercizio d’impresa. Pertanto, le spese di comunicazione elettronica che, concorrendo in via indiretta allo svolgimento dell’attività aziendale, si prestano ad un uso promiscuo, sono soggette al limite di deducibilità. Viceversa, nel caso di specie, le apparecchiature che la società deve acquisire per conto del Comune non possono essere destinate a un uso personale: il contribuente, infatti, mediante la tenuta della contabilità analitica, è in grado di dimostrare che le spese di telefonia sono direttamente riferibili all’attività e concorrono alla formazione del reddito d’impresa. Per cui non si applica la limitazione prevista dall’articolo 102, comma 9, del Tuir. Per quanto riguarda le spese di telefonia sostenute dalla società in qualità di mandatario senza rappresentanza, queste ultime costituiscono dei costi, con la limitata deducibilità, solo per il Comune, mentre per la società, il cui ricavo è rappresentato dalla provvigione pattuita, si configurano come mere movimentazioni finanziarie, che non confluiscono nel reddito. (Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 162/E del 18.06.2009)
 
13/06/2009 - EROGAZIONI LIBERALI
Categoria: Contabilità
EROGAZIONI LIBERALI
Le erogazioni liberali devono essere effettuate avvalendosi di uno dei seguenti sistemi di pagamento:
- banca;
- ufficio postale;
- sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 241/1997, e cioè carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari.
La convenzione in base alla quale devono essere effettuate le erogazioni previste dall’art. 15, comma 1, lettera h), del Tuir, sulla base delle indicazioni del ministero per i Beni e le attività culturali (che assume il ruolo di controllore istituzionale dell’iniziativa, sia in fase di progettazione e preventivazione della relativa spesa - che per espressa previsione normativa deve essere previamente autorizzata - sia in fase di consuntivo, anch’esso da verificare e approvare espressamente) deve essere stipulata in forma scritta tra il soggetto erogatore e il beneficiario attuatore dell’iniziativa culturale se uno dei soggetti in causa è un’amministrazione pubblica, un ente o un’istituzione pubblica e dovrà essere corredata da un progetto nel quale siano specificati i costi complessivi, le fonti di finanziamento nelle quali rientrano anche le liberalità, l’avvenuto versamento delle somme erogate ed i tempi di attuazione dell’iniziativa.
Viceversa, nel caso in cui il beneficiario fosse una persona giuridica privata senza scopo di lucro ovvero una persona fisica, dovrà essere stipulato un accordo scritto (corredato dalla documentazione predetta) comprovante la volontà di voler realizzare l’iniziativa culturale e di voler contribuire al sostegno finanziario della medesima beneficiando degli sgravi fiscali connessi.
Con la circolare n. 38 del 19 febbraio 2007, il ministero per i Beni e le Attività culturali ha fornito chiarimenti sulle modalità procedurali da seguire per il rilascio delle autorizzazioni e dei pareri dei competenti comitati di settore del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, previsti dall’art. 15, comma 1, lettera h) del Tuir.
 
06/06/2009 - RIVALUTAZIONE DEI FABBRICATI - VALORE TERRENO
Categoria: Contabilità
LA RIVALUTAZIONE DEI FABBRICATI E DELLE AREE SOTTOSTANTI
Secondo l’Agenzia delle Entrate, se il contribuente decide di rivalutare l’area su cui sorge il fabbricato deve ricorrere a una perizia di stima, o altro metodo equipollente, e non a meccanismi forfettari. La possibilità di rivalutare il fabbricato e l’area sottostante, oppure uno dei due, considerato che i beni sono classificati in categorie omogenee differenti, determina l’eventuale obbligo di rivalutare tutti i beni appartenenti alle singole categorie. L’Agenzia prevede che l’operazione sia fatta distintamente per i beni oggetto di rivalutazione in base a una perizia di stima, o un metodo diverso ma che individui distinti valori correnti dei beni. La distinzione non tiene conto, che in caso si consideri l’area sottostante separata dal costruito, la stessa area si verrebbe a configurare quale "area edificabile" esclusa dalla rivalutazione in quanto carente del presupposto oggettivo.